Lorenzo Shoubridge

Abbiamo intervistato LORENZO SHOUBRIDGE, pluripremiato fotografo naturalista, iscritto a Nature First, gli abbiamo chiesto di parlarci di lui e della sua fotografia.

Non servono molte presentazioni per  LORENZO SHOUBRIDGE. Basta citare gli ultimi riconoscimenti: è stato per tre volte successive premiato al Wildlife Photographer of the Year, vincitore assoluto di Montphoto e premiato in moltissimi altri concorsi. E’ autore di un bellissimo libro fotografico sulle Alpi Apuane, di cui si leggerà anche nell’intervista. Per non parlare di altre pubblicazioni, mostre fotografiche, serate… 

Ma com’è nata la sua passione per la fotografia e cosa pensa oggi Lorenzo della fotografia naturalistica e dell’etica legata a questa attività? Glielo abbiamo chiesto in questa intervista per Nature First. 

Raccontaci di te, Lorenzo. Da quanto fotografi e com’è nata la passione per la fotografia naturalistica?

Sono nato a Camaiore (Toscana) il 22 luglio 1981, sono un fotografo naturalista da almeno una dozzina d’anni. Sono sempre stato affascinato dalla fotografia naturalistica, trovo sia un vettore fondamentale per far conoscere alle persone la natura che ci circonda. Fin dall’età di 5 anni, la mia vita ha gravitato attorno al mondo della natura, un po’ perché vivevo in campagna, un po’ perché i miei genitori son stati molto attenti a farmi vedere i documentari e film legati a questa tematica e così, da subito, son rimasto attratto e legato al mondo della natura e da subito ho sognato di diventare un bravo fotografo naturalista. Anche il mio percorso di studi (sono perito agrario) mi ha avvicinato alla fotografia, ero molto appassionato di entomologia. Alla fine del 2010 ho acquistato la mia prima reflex: entrando in un sito per la recensione di un’ottica fisheye ho visto delle foto di natura, di insetti, e mi sono detto che se avessi imparato a gestire lo strumento, la macchina fotografica, conscio che non è quello che fa la foto, avrei potuto fare delle discrete fotografie conoscendo bene questi soggetti. E’ stato un rientro a quella che è la mia naturale attitudine a questo affascinante e complesso mondo.

I PRINCIPI DI NATURE FIRST

1-Dai la priorità al benessere della natura rispetto alla fotografia.
2-Informati sui luoghi che vai a fotografare.
3-Rifletti sul possibile impatto delle tue azioni.
4-Usa discrezione se condividi i luoghi fotografati.
5-Conosci e segui le regole e i regolamenti.
6-Segui sempre i principi di Leave No Trace e sforzati di lasciare i luoghi visitati meglio di come li hai trovati.
7-Promuovi attivamente ed educa gli altri su questi principi.

Cosa pensi dei Principi di Nature First e come si applicano alla tua fotografia?

Mi fa quasi sorridere rispondere a questa domanda, perché le basi che stanno dietro ai Principi di Nature First sono cose che qualsiasi genitore insegna ai propri figli, son cose davvero basilari, è l’ABC del buon comportamento che si applica non solo alla fotografia ma a tutta la vita quotidiana. Sono cose che ho sempre fatto anche prima della mia iscrizione a Nature First e continuerò a seguirli, sempre. Lo dicevo proprio durante un’intervista alla radio, è anche una questione di viver bene con la propria coscienza. Se si lavora in una certa maniera, siamo più in armonia con noi stessi, con quello che stiamo fotografando. Questi principi dovrebbero essere un imprinting, rivolti anche alla vita in generale. Non posso andare in un parco pubblico e farmi un picnic e lasciarlo peggio di come l’ho trovato. Se trovo una cartina per terra, magari mi metto i guanti, la raccolgo e la porto via.

Ti  è mai successo di vedere comportamenti scorretti da parte di altri fotografi, o anche errori da te fatti in passato, che hanno messo a rischio il benessere della natura, per l’ottenimento di una fotografia?

Nella mia carriera mi è capitato spesso di veder persone improvvisate che più o meno hanno arrecato dei danni. Anche nel semplice disturbare un tale soggetto o avvicinarsi ai siti di nidificazione. Per quanto mi riguarda, io includo anche danni verso altri fotografi. Oggi è facile, attraverso i social media, a causa di invidia, discriminare o spargere notizie false sull’operato di un fotografo che lavora proprio in maniera coscienziosa e fa un lavoro particolare per il quale già viene discriminato. Spesso chi non riesce a entrare nell’ottica giusta, alimenta queste dinamiche assurde.

Come gestisci le richieste di informazioni sul luogo dove hai ottenuto certe fotografie, ti viene richiesto di geotaggare una specifica area?

Se me lo dovesse domandare un altro fotografo, risponderei che un certo animale, ad esempio, si trova nella regione della Val d’Aosta a meno che non me lo richieda un organo di competenza, al quale ovviamente posso comunicarla. Quando faccio una pubblicazione, che di solito avviene dopo mesi se non anni, all’interno di un libro, resto molto vago o cito il nome di un parco se lavoro ad un progetto particolare. Pubblicare una certa fotografia dopo vari mesi implica anche che non si sa più dov’era il punto esatto. C’è però un risvolto della medaglia: il lavoro di fotografo deve essere il più trasparente possibile, nell’omettere alcuni dati non si dice una cosa falsa. Credo invece che tuteli il soggetto o l’ecosistema o il biotopo o anche una fioritura delicatissima.

Uno dei principi di Nature First suggerisce di istruirsi sempre sui luoghi che si vanno a fotografare, come lo fai tu? Hai dei suggerimenti da dare?

Istruirsi sui luoghi dove andiamo a fotografare è fondamentale, è una forma di rispetto per dove mettiamo piede e per quello che andremo a fotografare. E’ anche una forma di rispetto per le persone che vivono strettamente in quei luoghi. Molto tempo fa, quando ero agli inizi, mi sono trovato in una situazione dove si era sparsa la voce di una certa cosa… tutti siamo andati a fotografare una determinata situazione, per me è stata una cosa decisamente non positiva e francamente se avessi saputo di trovarmi tra circa 60 fotografi non ci sarei andato… pensavo d’essere l’unico o al massimo in due. Non solo è un impatto sull’ambiente ma anche sulle persone che vivono in quei luoghi perché 60 fotografi sparsi nei campi della pianura emiliana, insomma, creano disturbo anche a chi deve vivere di agricoltura e alle attività… è tutto collegato. E’ molto importante documentarsi sul luogo e sulla specie. Egoisticamente parlando, se ci pensiamo, le regole di cui parla Nature First collimano anche con l’interesse del fotografare perché, ad esempio, se io non mi documento su una determinata specie o luogo non farò mai una foto ottima per i miei canoni, perché non saprò che in quell’angolo la luce arriva a quella determinata ora, non saprò che quella specie fa un determinato comportamento prima di aprire le ali. Questo egoisticamente è anche un modo per sfruttare al massimo la potenzialità tra soggetti e scatto fotografico. Chiaramente prima viene il rispetto perché se so che c’è un certo equilibrio delicato allora entro in punta di piedi o rinuncio anche all’occorrenza a fotografare. Alla fine la natura ci dà sempre una seconda o terza possibilità quindi se non posso fotografare un airone qui oggi, lo farò meglio da un’altra parte domani… E’ importante saper fare un passo indietro a volte.

Come quella volta… se non fossi tornato indietro avrei oggi una bella sequenza di cuccioli di volpe. Ho fatto le cose come andavano fatte e non l’ho potuta fotografare. Detto così sembra una cosa detta per dire ma è successo davvero: un giorno cercavo vipere da fotografare e e mi son imbattuto in una cucciolata di volpi. Il primo impulso è stato di allontanarmi di qualche centinaio di metri e veder cosa faceva la madre, se si poteva fotografare o no ma ho praticamente rinunciato. 

Avrei potuto anche osare perché la volpe è una specie molto confidente ma non volevo, e comunque nel cuore mi è rimasto lo sguardo di quei volpacchiotti, me li son trovati lì, non me l’aspettavo ma subito me ne son tornato sui mei passi. (Lorenzo si commuove).

Parlaci di qualche esperienza particolarmente emozionante che hai vissuto fotografando.

L’incontro più bello che ho fatto a livello fotografico è stato sempre sulle Alpi Apuane. Mi ricordo che il giorno precedente avevo fotografo per la prima volta un astore in una zona montuosa delle Alpi apuane. Nonostante fosse un tempo davvero allucinante sono andato su, avevo allestito un piccolo capanno comunicato anche al parco. E’ stato un incontro particolare perché, per cause avverse, ero scivolato e avevo rovesciato tutta la moka intera dentro al corpo macchina nuovo… che in quel momento avevo lasciato aperto… avevo in mano l’altro corpo macchina… è passato un branco di lupi, d’istinto ho scattato una raffica a vuoto e i lupi l’hanno sentita, son tornati indietro a curiosare, son stati davanti e attorno a me per circa ¼ d’ora. E’ stato veramente l’ incontro più bello a livello fotografico che abbia mai fatto  perché mi son sentito quasi accettato, ero ben mimetizzato ma sicuramente i lupi sentivano l’odore. Erano curiosi. Era un’atmosfera romantica perché aveva piovuto tutta la notte, non era ancora uscita il sole all’alba, scattavo a dei tempi lentissimi. E’ stata un’emozione forte all’inizio, poi mi sono commosso perché all’interno del mirino guardavo i loro sguardi incuriositi, quegli occhi…. e poi, la sensazione di isolamento che si prova nel guardare dentro ad un mirino rendeva tutto ancor più magico. Il lupo l’ho incontrato parecchie volte però questa volta era diverso, era una cosa intima e ad un certo punto è stato bellissimo perché non vedevo più niente, un po’ per la nebbia e un po’ perché dai miei occhi uscivano lacrime, l’oculare era allagato… E poi, è stato bellissimo come se ne sono andati, era proprio come se m’avessero accettato, come se le nostre “anime “ si fossero intrecciate, mi hanno fatto un regalo enorme. Non erano assolutamente spaventati, con molta naturalezza se ne sono andati nella calma totale e questo m’ha dato un senso di pace, una gioia che mi emoziona ancora. E’ stato probabilmente l’incontro più bello che ho fatto in natura. Poi ho lavorato molto sull’aquila reale, ho avuto emozioni forti anche lì. Una volta ad esempio sono rimasto letteralmente paralizzato perché avevo l’aquila vicinissimo e temevo di avere lasciato il cellulare acceso ma non riuscivo a prenderlo, non riuscivo a fare nemmeno un movimento con la mano, ma neanche di 5 cm. C’è da dire che bisogna avere la pazienza di scattare al momento giusto, viene con l’esperienza che si costruisce negli anni: nonostante avessi il soggetto davanti l’attesa di scattare nell’istante giusto non tanto per la foto, perché le foto migliori non le ho ancora fatte, ma per non disturbarlo nella sua naturale attività, quasi giocando d’azzardo aspettando il momento giusto in cui l’aquila si sentisse più sicura, tranquilla e questo mi ha permesso poi di potermela godere per un bel periodo, quasi 4 anni e mezzo. Se avessi scattato subito, l’avrei spaventata e se ne sarebbe andata.

Pensi che la fotogarfia naturalistica abbia anche qualche altra finalità, oltre al nostro piacere personale?

Anzitutto per me la fotografia naturalistica è soprattutto un mezzo di espressione mia personale. Se ne avessi la possibilità farei il divulgatore, farei altre cose legate sempre alla natura e mi piacerebbe molto dipingere ma non è nella mia natura quindi ho trovato nella fotografia un mezzo di comunicazione enorme . In realtà per me personalmente è anche un pretesto per trovarmi in natura il maggior numero di ore possibili però credo fermamente, come già dicevo prima, che la fotografia sia un vettore per far conoscere determinate problematiche soprattutto in termini di salvaguardia ambientale al pubblico e comunque un vettore per far conoscere la natura che ci circonda alle persone che non la possono vivere come faccio io. Pensiamo ai bambini che vanno a visitare i parchi: se una mostra viene allestita in una certa maniera, si porta il bambino direttamente sulla scena dove il fotografo si trovava qualche mese prima. Il bambino vede gli animali, la flora, la fauna, i vari ecosistemi che compongono un determinato parco e quindi educativamente è una cosa ottima, lo possiamo fare anche con i disegni. La fotografia è qualcosa di più diretto: anche se possiamo darle una grande interpretazione, è comunque anche il congelare un attimo e acquista molto valore se fatta entro una certa etica. E’ per me importante lavorare su progetti legati al territorio, la foto fatta nelle nostre zone ha un valore enorme, la differenza spesso non viene ancora percepita però chi fa lavori mirati in qualche maniera riesce a valorizzare il territorio in cui lavora.

Fotografia naturalistica e turismo fotografico: che opinione hai?

Non sono contrario a qualsiasi forma di turismo ma se ben regolamenta. Per me ben venga se col turismo sostenibile fotografico si possano sviluppare certe economie però c’è anche da stare attenti perché negli ultimi anni ho visto cose non proprio piacevoli. Da una parte è importante che si vada in questa direzione, dall’altra però ci vogliono delle regole ferree perché si rischia di creare delle persone che poi entrano in natura senza nessuna cognizione di causa. Oggi è molto facile comprarsi una macchina fotografica, ci si fa il sito, dopo 10 giorni si attacca un’etichetta photographer, si organizzano workshop…  non ci siamo. Non dico che si debba essere naturalisti per fare la fotografia di questo genere, ma avere una buona infarinatura alla base e una buona iniezione di buon senso. La ricerca del like, la ricerca dello scatto perfetto… l’ 80-90% delle persone che vengono ai miei workshop viene per fare la foto da concorso. Questo per me è una cosa inconcepibile infatti ho ridotto la mia attività, mi sto dedicando ad altro, se faccio workshop me li faccio organizzare da persone che scremano a monte… Ma ci sono anche aspetti positivi nel turismo fotografico: grazie a questo, hanno salvato la lice pardina, l’aquila imperiale etc però poi chi ritrovo nel capanno dell’aquila imperiale? Un tizio (magari un notaio per fare un esempio) che s’è fatto un corredo da 35-40mila euro in 10 giorni che poi si rifà il carnaio a casa per fotografare 4 poiane…

Fotografia e Social media: cosa ne pensi?

Sono un ottimo mezzo per chi fa un lavoro, per chi vuole avere visibilità. Possiamo paragonare la stessa macchina fotografica, che è un mezzo: sta un po’ a noi decidere come usarlo. Ci dovrebbe essere una regolamentazione precisa ma questo non avverrà mai. E’ una domanda complessa: se uno rispetta anche solo i principi di Nature First può pubblicare anche 5 foto al giorno però son pubblicazioni fatte in una determinata maniera. Io sono un po’ geloso delle mie foto, non pubblico mai le cose a cui tengo veramente, perché curo molto anche l’aspetto interpretativo, è una cosa molto personale la mia fotografia. Chiaramente devo anche far vedere il lavoro… uno dei motivi fondamentali per cui uno fotografa è anche il divulgare, lo si diceva prima che la fotografia è un vettore: inutile fare foto per sensibilizzare a una tematica ambientale se poi non le faccio vedere. Sarebbe bello comunque avere meccanismi di controllo per evitare di continuare a vedere pubblicate foto di raganelle congelate con la lumaca sopra…

Negli ultimi anni ti dedichi allo sviluppo di progetti fotografici: ce ne vuoi parlare?

La persecuzione di un progetto è importante perché ti aiuta a concentrare su una determinata sfera le tue energie e crei un lavoro che  prima o poi sarà veramente utile. Secondo me andare a fotografare il bue muschiato se non riesci a fotografare e a conoscere le cose che hai dietro casa, non è molto utile. Dedicarsi a un progetto, anche se non si hanno tutte le carte che ci servono, lo rende unico. Un progetto dove si collezionano cartoline, immagini perfette è asettico… La natura stessa ci insegna che la perfezione sta nell’imperfetto, nella casualità. Ad esempio il volto di una persona, se fosse perfettamente simmetrica sarebbe meno interessante, meno attraente, ci sono studi ben definiti che spiegano come siamo attratti dalle imperfezioni, che ci rendono unici, il nostro lavoro diventa unico. In questa fase della vita mi trovo un po’ in difficoltà perché per realizzare un buon progetto bisogna anche condividerlo con le autorità competenti e qui è un po’ difficoltoso, mi sto muovendo su vari fronti, non escludo di tenerne due a lungo raggio . Fuori dall’Italia gli organi di competenza sono generalmente più ricettivi, la difficoltà è proprio avere queste collaborazioni nonostante tutto il curriculum che ho e i passi buoni che ho fatto fin adesso.

Manca anche una certa  cultura della fotografia naturalistica, qui in Italia ?

Sicuramente si. Mancando una certa cultura della fotografia naturalistica anche le istituzioni sono meno recettive e danno meno sostegno ai progetti intrapresi dai fotografi. Per cultura della fotografia naturalistica si intende anche l’etica che bisogna applicare nel praticarla e che non bisogna mai abbandonare anche quando viene commissionato un lavoro per non squalificare la nobiltà che dovrebbe star dietro a questo tipo di attività. Va fatto con i giusti tempi, le giuste cose.

Tornando al discorso dei progetti, ti sei dedicato con grande passione a un lavoro dedicato alle Alpi Apuane, da cui è nato un libro che può essere  tra l’altro richiesto al tuo indirizzo di posta. Ce ne vuoi parlare? 

Il libro l’ho concepito come uno scrigno che racchiudesse i miei sogni, il mio percorso,  anche un po’ i miei sentimenti e le mie aspettative. Il libro è rivolto a un ambiente particolare, quello delle Alpi Apuane,  su cui ho lavorato 6-7 anni con la conclusione di questo progetto. Non è stato un percorso lineare nonostante l’avessi programmato prima: è stato un percorso pieno di insidie, anche di grandi sacrifici ma posso dire che, alla fine, hanno avuto tutti un peso relativamente leggero perché ero spronato tantissimo dal conseguire la realizzazione di questo libro, ho affrontato difficoltà per me al tempo inimmaginabili. Se adesso mi guardo indietro, mi dico che è quasi impossibile quello che ho fatto, ma quando le cose devono venir fuori, se ci si mette impegno e se si fanno le cose in maniera sana,  poi i risultati si raggiungono. Il libro parla della biodiversità vista con i miei occhi, lungo questa catena montuosa che è tutti i giorni sotto attacco dall’industria del marmo, sono conosciute soprattutto per l’estrazione del marmo di Carrara. Non ho avuto la pretesa di fare un lavoro di tipo documentaristico ma ho voluto portare agli occhi del pubblico la bellezza che ancora risiede in queste terre e per far questo ho dovuto mettere a nudo i miei sentimenti e scrivere anche qualche cosa da corollario: tutti i testi del libro li ho scritti io, a parte l’ introduzione. Il messaggio che volevo trasmettere è che le Apuane sono lì, ci sono ancora anche se un po’ increspate, stuprate dalla mano dell’uomo però rimangono ancora un serbatoio importante per la nostra ricchezza, per la biodiversità. Per me è stato un onore lavorare a questo progetto. Mi è capitato più di una volta di incontrare persone che hanno comprato il libro e che, vedendo  una mia  presentazione, si sono commosse, non pensavo di poter mai arrivare ad un risultato così, un risultato che è imperfetto… potevano venir fuori mille cose diverse. E’ stato veramente un viaggio che spero di poter ripercorrere in altre situazioni, è stato un arricchimento personale grandissimo. Nel libro si parla di lupi, di aquile, di tutte quelle presenze silenti che percepiamo, vediamo le loro ombre ma non sempre riusciamo a vederle: poterle vedere e trascriverle sia con la penna che con la fotografia è stato una grande emozione e un grande onore.



Ringraziamo Lorenzo per questa intervista a Nature First, tutte le foto in questa pagina sono state fornite da Lorenzo Shoubridge.

Per iscriverti a Nature First e sostenere la causa, iscriviti all’Alleanza per la Fotografia Naturalistica Responsabile.

https://www.naturefirstphotography.org/it/home

 

Puoi metterti in contatto con Lorenzo attraverso le sue varie piattaforme:

o contattandolo via e-mail: 

infonaturephotography@gmail.com

Per iscriverti a Nature First, segui il link qui sotto: 

Nature First

Qui l’intervista fatta a Lorenzo dal Wildlife Photographer of the Year  :

Wildlife Photographer of the Year: the fight to save the Apuan Alps

 

 

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