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Le festività precristiane suscitano in me una profonda curiosità!
Ad esempio, oggi a Roma, si rendeva omaggio a Feronia, la divinità che protegge boschi e sorgenti, una guardiana che danza con le ombre e le creature selvatiche (diversa da Diana che era considerata più indomabile e ferina).
“Feronia” deriva dal latino “ferus”, traducibile come “selvaggio”, “non coltivato”, “libero”. Dalla medesima radice proviene la parola “fiera”, intesa come bestia selvaggia.
Primordiale Madre Natura degli antichi Romani, Feronia era anche associata a tutto ciò che emergeva spontaneamente dal sottosuolo, senza intervento umano, perciò rappresentata come dea della fertilità indomita e delle sorgenti.
Questo legame con le profondità la collegava all’inverno ormai vicino e alle divinità dell’aldilà. Anche per questo motivo, la sua celebrazione avveniva a novembre, mese legato ai riti funebri.
In questo periodo, la Natura si prepara a riposare, ma sotto la morsa del freddo la vita continua a prosperare. Le riserve per l’inverno, raccolte dagli antichi in questa stagione, erano fondamentali e associate soprattutto alla caccia. La prosperità degli animali nei boschi dipendeva da Feronia: rendere omaggio a questa dea era dunque cruciale per la sopravvivenza.
Feronia era quindi una divinità che proteggeva la natura ma era anche la dea della fecondità, anche dei dei campi. I contadini infatti ogni 13 novembre offrivano una parte del loro raccolto a Feronia, affinché poi il raccolto successivo potesse essere altrettanto rigoglioso.
Essendo una divinità pre-romana, Feronia richiama l’immagine di una sciamana, una figura mistica e primordiale, benevola verso coloro che vivevano nel suo regno.
Portava ordine nel disordine e generava la vita; le sue conoscenze restavano inaccessibili agli uomini “civili”, ma non per coloro che osavano avvicinarsi a lei.
Riflettendo, la natura selvaggia si trova nelle profondità di ciascuno di noi, inibita dall’egocentrismo e dalla illusoria sensazione di superiorità umana.
Feronia rappresentava un collegamento tra l’incolto, il selvaggio e quello che è coltivato: è un collegamento tra due sfere, naturale e civile, che dovrebbero coesistere in armonia, senza escludersi. È una dea mediatrice che favorisce il dialogo fra la selva e la città, fra il mondo manifestato e l’aldilà, fra invisibile e visibile, con una funzione sciamanica di passaggio fra i mondi.
Armonia: la dea era proprio portatrice dell’armonia, sia nella natura che negli uomini. Era considerata una divinità che liberava i devoti da uno stato di vuoto e di prigionia e che li conduceva poi alla felicità. Era la dea della rinascita ed era particolarmente amata dagli schiavi. Ogni 13 novembre nei templi di Feronia avveniva una cerimonia che liberava gli schiavi dal loro stato di prigionia e che li rendeva liberi.
Feronia era dopotutto una dea libera come la natura e non poteva permettere che i propri devoti fossero degli schiavi.
L’animale sacro di Feronia era il Picchio, simbolo del fuoco e della forza creativa in molte culture indoeuropee. L’elemento fuoco, distruttivo e generativo, riflette l’idea di una foresta che utilizza il fuoco per liberarsi di piante morte e rinnovarsi. Molte specie infatti necessitano degli incendi per disperdere i loro semi nella cenere fertile.
Torna, quindi, il legame tra il regno dei defunti e quello dei vivi attraverso Feronia, dea del “sole nascente” che attende sottoterra prima di rivelarsi in un nuovo giorno, in armonia con il Creato.
Naturalmente fu demonizzata dalla chiesa, i suoi templi distrutti e le sue statue fatte a pezzi. Il suo culto era celebrato in particolare nell’area del Lazio e a Capena, dove si trovavano templi dedicati a lei, e le sue festività includevano rituali di offerta per garantire buone raccolte e salute.
Anche noi abbiamo bisogno di trasformazione e rinnovamento, come fiori che sbocciano dopo l’inverno. È nella profondità della nostra anima che si sviluppa la metamorfosi più intima, dove il nostro antico “Io” ha bisogno di dissolversi per lasciar spazio a un nuovo cammino, luminoso e ricco di cambiamenti.
In questo delicato periodo nel quale viviamo, è tempo di volgere lo sguardo verso la Madre Natura, riconoscendo che non siamo solo suoi discendenti, ma anche custodi delle sue meraviglie.
E allora che Feronia, la dea della rinascita e della crescita, illumini sempre il nostro sentiero, guidandoci verso scelte di amore e rispetto per la Terra.
Quando l’autunno abbraccia il Carso, i colori dello Scotano si trasformano in un’opera d’arte che danza tra il rosso, l’arancione e il giallo offrendoci un’esperienza visiva incantevole.
Per un attimo, ci lasciamo avvolgere da questa tavolozza, dimenticando che, al di sotto, si cela un altopiano roccioso calcareo, le cui rocce dure e bianche raccontano storie di tempi antichi.
Eppure, è proprio nel contrasto tra la tenacia di quelle rocce carbonatiche e la grazia del foliage della “foiarola” che si svela un’affascinante bellezza, un semplice scorcio di Carso che ci invita a fermarci, a respirare e a meravigliarci.
Ogni tanto piace anche a me questa tecnica di ripresa (ICM).
Nella foresta silenziosa, dove le ombre danzano e la luce filtra come un sussurro, non ci attendono pericoli, ma un abbraccio sereno che ha il sapore di una saggezza antica e che ci permette di riscoprire il nostro benessere interiore.
Ogni volta che mi lascio avvolgere dal verde, durante le mie immersioni nel bosco, ogni ombra si trasforma in un’opportunità di rinascita, mentre ascolto il linguaggio muto della natura.
Ogni foglia che danza nel vento celebra la vita e la bellezza che ci circonda.
All’entrata della foresta, non ci troviamo di fronte a una strada per le tenebre (come ci hanno fatto credere nel passato), ma a un cammino verso la luce interiore.
Finalmente nevica in montagna ed è una gioia, sempre!
Purtroppo le previsioni davano solo una giornata nella quale si sarebbe potuta verificare con una certa probabilità una bella nevicata… e allora meglio non perdere l’occasione e scappare in montagna!
La bellezza di una nevicata in un bosco è un vero spettacolo per gli occhi e per il cuore!
Delicati e leggeri fiocchi di neve accarezzano i rami degli alberi, creando un manto bianco che quasi copre tutto il paesaggio.
I suoni si attenuano, ci circonda un’atmosfera di tranquillità.
Ci si trova in un mondo incantato, dove tutto sembra immobile e silenzioso.
È un momento prezioso, da apprezzare e ammirare, che ci ricorda la bellezza e la magia della natura incontaminata.
Perché, al di là di tutti i discorsi più seri…, la neve mi riempie di allegria! E non immaginate quanto!
E poi si possono fare tante belle fotografie, proprio giocando con i fiocchi di neve!
Mi pare di tornare bambina 🙂 Sarà per quello che mi piace così tanto?
Nel Carso in autunno si assiste a una danza di colori: giallo, arancione e rosso.
Nell’intricato intreccio dello scotano, qualche fogliolina resiste all’inevitabile evolvere della stagione.
L’autunno dura sempre troppo poco. E poco durano anche le giornate, ma forse questa brevità rende tutto così bello e speciale.
E non posso non pensare al principio giapponese del Mono No Aware, l’impermanenza, che in questa stagione in Carso si manifesta.
La luce calda del tramonto accende ancor di più i colori, saluto quest’ultima fogliolina rossa, da domani forse qui resterà solamente un groviglio di rami, spogli e nudi, in attesa della rinascita.
C’è una parola che descrive la mia sensazione nell’osservare i dettagli di questa immagine: resilienza.
Quando mi sono trovata davanti a questo spettacolo, lo sguardo era magneticamente attratto da loro: gli alberi sul crinale.
La prima cosa alla quale ho pensato, nello stupore e meraviglia della scena, è stata proprio la resilienza, una qualità che tutti dovremmo sviluppare.
Resilienza… la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Così viene definita. E chi più delle piante ce lo può insegnare?
Sono esseri viventi nati molto tempo prima dell’uomo, adattati a vivere nelle condizioni più diverse, e rimanendo immobili hanno inventato strategie di sopravvivenza che l’uomo non si sogna nemmeno…. infatti l’uomo le sfrutta… e questo è un altro discorso. Lungo.
Resto il fatto che le piante sono meravigliose e dagli alberi abbiamo tanto ma tanto da imparare!
Boschi intricati, alberi e liane, un grande fascino che fa pensare a come dovevano essere ancor più belli questi luoghi prima dell’arrivo dell’uomo.
Sorge spontaneo domandare il permesso per entrarvi.
Come pretendiamo di definirci “essere superiori” rispetto a questi giganti verdi? La loro sapienza e intelligenza ci superano, come anche quella degli animali.
Ritengo che l’uomo sia in effetti l’essere meno intelligente di questo pianeta: è circondato da una bellezza meravigliosa e indescrivibile… eppure la distrugge, giorno dopo giorno.
Alberi… che meraviglia! Esseri viventi per secoli purtroppo considerati “inanimati” solo perché “immobili” (oggi sappiamo non lo sono affatto) o non intelligenti (anche questo smentito…). Così differenti tra loro sia per il loro aspetto che per il loro modo di vivere e la loro personalità! Alberi solitari che vivono benissimo isolati, alberi sociali che si sostengono l’un l’altro… Nel passato adorati, vere divinità e poi devastati e abusati…
Gli alberi si sono sviluppati su questo pianeta ben prima dell’arrivo dell’uomo e possono vivere tranquillamente senza l’uomo…totalmente indifferenti alla sua presenza… anzi, sarebbe anche meglio per loro e per tutto il resto del pianeta se noi non ci fossimo, ad esser sinceri.
L’uomo negli ultimi secoli ha sfruttato gli alberi, e non solo per i loro preziosi principi attivi. Ma con quale forma di gratitudine, oggi, l’uomo si pone dinnanzi a loro? Poche volte consideriamo queste creature come fonte di ispirazione e ancor meno volte proviamo per loro rispetto.
Quanto c’è ancora da studiare e scoprire sull’interazione tra mondo vegetale e uomo? Non dobbiamo solo sfruttare ogni cosa che ci circonda, dobbiamo interagire con consapevolezza. Pensiamo a colonizzare altri pianeti e nemmeno abbiamo finito di capire questo…
Oggi, 21 novembre, Giornata nazionale degli alberi, è una buona occasione per riflettere sull’importanza dei nostri amici e alleati naturali.
Oggi parlavo con un’amica… parlavamo di passioni, di fotografia e di viaggi… Abbiamo parlato anche dell’Islanda.
Le ho raccontato di essere stata ospite di questa meravigliosa terra tante volte, di aver fatto tanti viaggi in stagioni diverse e davvero pensandoci non saprei quale è il periodo che mi è piaciuto di più.
In questo ricordare e nel mio pensiero interiore però mi sono resa conto di quanto, oggi più che mai, amo la mia terra e di quanto sia importante per me portarle rispetto.
L’Islanda è sicuramente sorprendente, ricca in bellezze naturali ma laddove crescono le proprie radici, il legame è più profondo e più sincero, l’amore più puro.
In luoghi ancora poco conosciuti si trovano angoli di incredibile bellezza che in autunno danno il meglio di sé.
In tutta l’Islanda, lo sappiamo, ci sono dei contrasti davvero affascinanti.
Qui ad esempio, in questo scorcio d’Islanda, sono stata rapita dalla bellezza dei caldi colori della vegetazione, i muschi verdi, le rocce laviche nere, il contrasto con l’acqua che scorreva limpida e fresca…
Non credo di esagerare dicendo che questo è un angolo di paradiso!
Soprattutto ricordo che qui non c’era nessun turista, nessuna folla, nessun schiamazzo… E quato si che è incredibile in Islanda, in questa stagione!